Non si offenderà “mons” Luciano di questo scritto, perché è tutto e solo lui.
Leggo normalmente vite di santi e pur edificato mi domandavo quanto era o poteva essere vero. Come si può amare una madre, con la dovuta analogia, ho amato “Monsignore” e tutt’ora gli voglio bene e quando ho saputo della sua dipartita gli ho chiesto un po’ del “suo” Spirito Sacerdotale, come il profeta Eliseo ad Elia.
E’ stato mio confessore e direttore per dieci anni, tempo che ho trascorso a Medicina come cappellano. Mi ha arricchito anche in seguito, e l’attuale scritto è una timida ma autentica “registrazione” di tutto il suo essere autentico “luogo di Dio”.
Siamo certi che il suo nascondimento rimarrà e così la sua intercessione sarà più capillare e incisiva. Grazie ancora, e nel dono meraviglioso che il Signore ci ha fatto, ricambiamo con un sereno e generoso impegno che si traduca nella vita cristiana, e per questo pregherò. »
Parrocchia di San Girolamo dell’Arcoveggio
23/5/1988
don Luciano Galliani
« Condivido pienamente l’iniziativa, per i saggi intenti che si propone, di non perdere, non solo le briciole ma anche la ricchezza della sua disponibilità, la sua bontà non volubile, sempre premurosa e operante, superiore a qualsiasi livello di persone che io abbia incontrato nel mio ministero.
I miei rapporti con Don Luciano furono costanti per i 10 anni trascorsi a Medicina ( dal 1964 al 1974) durante i quali fu mio confessore. Ebbi modo inoltre di collaborare con lui, rendendomi disponibile un sabato ad ogni mese, per le confessioni agli uomini che partecipavano al ritiro nel Santuario.
Ho imparato da lui, beneficiando in proprio, l’arte di accogliere, di intrattenere e di congedare.
Vorrei, in un certo senso esser un regista cinematografico per riprendere dal vivo la serenità, la limpidità e la fragranza degli incontri, sempre e tutti importanti a una tale ricchezza interiore che difficilmente si poteva separare l’umano dal divino.
Ciò era vero sempre ma soprattutto nel confessionale. Aveva il potere di mettere ciascuno a proprio agio, disanimando ogni timore o paura, che poteva accompagnare il penitente presentandosi al suo confessionale. Amava la Chiesa quale opera di Cristo e nella sua realtà gerarchica; delicatissimo verso i confratelli, cercava, specie per quelli più deboli o refrattari il modo migliore perché riprendessero quota.
Come godeva sostare nel suo mini-Santuario, considerato da lui quasi una Arca dell’Alleanza. Qui egli esprimeva la sua più profonda spiritualità sacerdotale.
Alla sua morte, ho sentito come d’istinto, il desiderio di imitare il profeta Eliseo allorché Elia fu rapito su un carro di fuoco; chiesi al Signore di avere anch’io un po’ del “grande” spirito di questo confessore.
Ogni mattino lo ricordo insieme ad alcuni santi non ancora “regolarizzati”, perché mi conceda, per sua intercessione, piena di disponibilità alla confessione secondo lo spirito che contraddistinse Don Luciano.
Infine, lo ringrazio anche per il limite di non saper dire di lui adeguatamente, però spero, di essere un po’ come lui davanti al Signore nella Chiesa.
N.B. Quanto sopra è in risposta a una richiesta che mi è giunta in data 12 febbraio 1994 dal Vicariato di Castel San Pietro
31/07/1994
Don Luciano Galliani