Apertura del processo

La santa Chiesa di Dio, madre e maestra per tutti i suoi figli, ha proposto, fin dai suoi inizi, l’esempio di coloro che, uniti intimamene al Signore Gesù Cristo e profondamente docili all’azione dello Spirito Santo, hanno fatto della propria vita, una totale offerta d’amore al Padre, fonte di ogni vera santità.
La finalità dell’elezione di un fedele della Chiesa agli onori degli altari ha sempre avuto uno scopo sociale ed ecclesiale che mira anche a rafforzare ed accrescere la comunione mistica tra la Chiesa della Gerusalemme celeste e la Chiesa ancora pellegrina nel tempo, così come afferma il Vaticano II: “Non veneriamo la memoria dei santi, solamente a titolo d’esempio, ma più ancora perché l’unione di tutta la Chiesa nello Spirito sia consolidata dall’esercizio della fraterna carità (cfr Ef 4,1-6). Poiché come la cristiana comunione tra coloro che sono in cammino ci porta più vicino a Cristo, così la comunione con i santi ci unisce a Cristo, dal quale, come dalla fonte e dal capo, promana tutta la grazia e tutta la vita dello stesso popolo di Dio” (LG 50).
Fondandosi su queste ragioni teologiche ed ecclesiologiche e innestandosi su questo fruttuoso solco delle Tradizione cattolica, la nostra Chiesa di Bologna apre oggi un processo d’indagine che sarà lungo, approfondito e vagliato, sulla figura di un suo figlio, il sacerdote don Luciano Sarti. Rimettendosi, in modo avveduto, saggio e prudente, al giudizio ultimo che spetta alla Santa Sede, si è ritenuto, tuttavia che ci fossero tutti i requisiti necessari affinché don Luciano Sarti potesse essere proposto come modello di santità.
La fama di santità che ha sempre caratterizzato la sua vita fin dai primi anni del suo ministero sacerdotale, l’eroicità delle sue virtù sia teologali che cardinali e l’assenza di qualsiasi impedimento canonico sono ragioni autorevoli e valide perché si possa procedere all’apertura del processo diocesano per la sua beatificazione.
Non è facile sintetizzare in poche parole, come conviene in questa circostanza, la straordinaria intensità e la profonda ricchezza spirituale ed ecclesiale della sua vita sacerdotale.
Si possono semplicemente cogliere soltanto alcuni aspetti, ma al contempo essenziali, per evidenziare l’eroicità delle sue virtù.
Prima di tutto si deve sottolineare la virtù della sua umiltà. Se è vero, come è vero, quello che scrive un grande Padre della Chiesa, S. Giovanni Crisostomo, che “l’umiltà è la madre, la radice, la nutrice, il fondamento, il legame di tutte le altre virtù”, si può dire con certezza ragionevole che in don Luciano tale virtù è sempre stata il fondamento del suo terreno interiore dal quale sono fruttificate tutte le altre. Così egli scriveva sull’umiltà: “L’umile ha lo spirito di Cristo. In lui è Gesù che parla. L’umile sceglie gli ultimi posti, i ministeri meno appariscenti. Sa nascondersi e fa apparire gli altri. Confessa sinceramente la propria insufficienze e sa mettere in risalto le buone qualità dei confratelli. …Senza umiltà non c’è carità. Non possiamo essere apostoli senza essere umili”.
Da questa fonte sorgiva dell’umiltà sono sgorgate come acque limpide e fresche le altre grandi virtù che hanno caratterizzato la sua vita sacerdotale.
La sua profonda interiorità, nutrita sempre dalla celebrazione dei misteri e da una vita di preghiera intensa, vera ed ininterrotta. La vita di preghiera costante e perseverante è stata per don Luciano la cosa più importante di tutta la sua azione pastorale. La preghiera era da lui ritenuta la fonte della vera luce e della forza interiore, come egli scriveva: “la preghiera dà luce. Si impara di più nelle preghiere che nello studio. La preghiera dà forza”.
Da questa solida e forte interiorità don Luciano ha affrontato le innumerevoli e consistenti prove della vita sempre con una serenità, una pazienza, una capacità di sopportazione decisamente eroiche. Dai primi anni della sua infanzia don Luciano ha conosciuto il mistero della sofferenza. La perdita a sette anni del padre. 

L’insorgere dalla prima giovinezza di una sequela interminabile di malattie che lo accompagnarono per tutta la vita: cardiopatie, flebiti, tubercolosi, gli causarono indescrivibili sofferenze fisiche.

Tutto don Luciano ha vissuto, senza mai lamentarsi, nel silenzio, nella discrezione, in uno spirito di offerta autentico per il bene delle anime, con la sola preoccupazione di non essere di peso o di danno per gli altri. Solo chi vive nella vera maturità cristiana è in grado di vivere così.
In modo particolare i tratti della sua santità sono stati marcatamente impressi e quindi resi visibili e percepibili nella sua indiscutibile, straordinaria ed eroica capacità di amare nello spirito di Cristo.
Fin dagli inizi del suo rettorato presso il Santuario della Madonna di Poggio Piccolo, don Luciano si dedicò con tutto se stesso al bene delle anime e dei corpi. Iniziò accogliendo nella modesta e umile canonica i ragazzi e i giovani ai quali offrì costantemente le sue capacità intellettuali, affinché potessero recuperare gli anni persi e progredire negli studi.
Don Luciano è vissuto sempre animato da una totale generosità e da un’autentica povertà, tutto quello che riceveva lo donava perché riteneva che ci fosse sempre qualcuno più bisognoso di lui. La sua disponibilità totale ad accogliere sempre tutti con il suo stile squisitamente evangelico ha fatto sì che il santuario di Poggio fosse costantemente meta di tante persone che andavano da lui per essere pazientemente ascoltate, confortate, rafforzate nelle prove che la vita sembra riservare a tutti; per trovare un sostegno morale attraverso il suo confortevole e luminoso consiglio o per raccomandarsi alle sue preghiere perché chiedesse l’intercessione della Madonna a concedere grazie sia fisiche che spirituali. E tanti sono i casi che attestano l’avverarsi di questi doni.
Don Luciano è stato anche un infaticabile apostolo del ministero della Confessione: vescovi, sacerdoti, religiose, religiosi, fedeli avevano trovato in lui un vero padre amorevole e accogliente, capace, con la sua ricca sapienza evangelica, di guidare le anime all’incontro vivo e vero con il Signore della misericordia.
La sua capacità di amare è sfociata poi nel suo atto più alto e più vero, ovvero il perdono, offerto alle persone che lo avevano violentemente aggredito per derubarlo, mostrando, in una simile circostanza, la capacità di vedere segni di bontà anche nei suoi aggressori.
Tutti coloro che hanno conosciuto don Luciano hanno visto in lui veramente un uomo di Dio, un uomo che fatto trasparire la sua bontà e il suo amore anche dal suo sorriso e dai suoi occhi che emanavano una bontà non di maniera, né frutto di un puro e semplice volontarismo umano, ma una carità frutto dell’azione della grazia che attraverso la fede opera nei puri di cuore.
Davanti alla sua lapide umile e disadorna si recano ancora molti fedeli per pregare e per lasciare suppliche, confidenze, richieste di aiuto anche scritte, confidando di avere una risposta da don Luciano così come l’hanno sempre ottenuta durante la sua vita.
Per tutte queste ragioni non si può non fare eco alla voce popolare di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere e di incontrare don Luciano: “Se non è santo don Luciano, non è santo nessuno”
L’eventuale beatificazione di don Luciano Sarti contribuirebbe a mantenere vivo lo spirito di un sacerdote diocesano che ha vissuto in modo straordinario il suo ministero sacerdotale ordinario, considerando inoltre che, negli ultimi tempi, raramente è stato proposto come modello di santità una figura che esprimesse queste semplici ed essenziali caratteristiche.
In questa lieta e provvidenziale circostanza in cui la nostra Chiesa di Bologna celebra la solennità della sua patrona, l’amatissima Vergine di S. Luca, a Lei, alla “mamma celeste” così come la chiamava teneramente don Luciano e della cui devozione è sempre stato cultore sapiente e illuminato, affidiamo l’inizio di questa opera perché, come dice l’Apostolo, “tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre che vive e regna e a cui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen” (cfr Col 3,17)

Chiusura del processo

Carissimi fratelli e sorelle, buonasera a tutti, con la presente e ultima sessione si conclude il processo diocesano per la causa di beatificazione del Servo di Dio, don Luciano Sarti. Tale processo è stato aperto nella cattedrale di San Pietro davanti alla venerata immagine della Madonna di San Luca nel giorno della sua solennità, il 17 maggio 2007, presenti, allora, Il Card Carlo Caffarra e gran parte del clero bolognese. Posso attestare in retta coscienza che il processo si è sviluppato in modo rigoroso, nel pieno rispetto delle indicazioni contenute nella Costituzione Apostolica Divinus Perfectionis Magister e nelle derivanti Istruzioni: Normae Servandae ab Episcopis in Causis Sanctorum e Sanctorum Mater. Il compito fondamentale del processo è stato quello di investigare sulla vita, sulle virtù e sulla fame di santità del Servo di Dio. Per adempiere fedelmente questo mandato il processo ha spaziato in tre ambiti di investigazione. Il primo è stato relativo alla Raccolta delle prove testificali ovvero la raccolta diretta di testimonianze di persone che hanno conosciuto personalmente il Servo di Dio. Come previsto dagli articoli 77-84 della Sanctorum Mater l’interrogatorio prevedeva esempi precisi e specifici dell’esercizio delle virtù teologali e cardinali. Sono stati escussi 60 testimoni di cui 8 ex officio. Sottolineo che i testimoni escussi sono stati l’espressione delle varie componenti del popolo di Dio, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, laici e laiche, questo per testimoniare la fama di santità del Servo di Dio presso tutti i membri del popolo di Dio. 

Il secondo ambito è stato relativo a una indagine di carattere teologico su i suoi scritti. E’ stata costituita una commissione composta da due censori teologici il cui compito è stato quello di esaminare gli scritti editi del Servo di Dio per verificare che non ci fosse qualcosa di contrario alla dottrina e alla morale contenute nel depositum fidei della Chiesa cattolica; dopo questo esame si può attestare con certezza che negli scritti del Servo di Dio sono assenti i suddetti elementi, così come richiesto dall’articolo 64 della Sanctorum Mater.

Il terzo ambito, relativo all’indagine in materia storica e archivistica, ha avuto come fine quello di esprimere un giudizio circa la personalità e la spiritualità del Servo di Dio, quali si desumono dagli stessi scritti e dai documenti storici relativi al periodo della vita Servo di Dio, non omettendo di evidenziare eventuali aspetti negativi. E stata istituita quindi una Commissione storica composta da tre periti che ha svolto fedelmente questo compito secondo le indicazioni degli articoli 68-76 della Sanctorum Mater.

Infine per la chiusura dell’Inchiesta sono stati necessari altri adempienti. Il primo è stata la pubblicazione degli Atti che è consistita nell’aver messo a disposizione del Promotore di giustizia e del Postulatore, l’Archetipo, ossia la pubblicazione degli Atti originali dell’Inchiesta in modo da potere richiedere, se ritenuto necessario, ulteriori investigazioni; tale pubblicazione è stata fatta il 23 aprile 2018. Un secondo adempimento è stata la stesura della Dichiarazione sul non culto, ossia l’assicurazione che il Servo di Dio non sia stato oggetto di culto indebito. Tale dichiarazione è avvenuta il 12 maggio 2014. In ultima istanza e in base all’articolo 134 è stato nominato con decreto il portitore, cioè l’Officiale incaricato dal Vescovo di consegnare alla Congregazione dei Santi gli atti dell’Inchiesta diocesana. E’ opportuno e doveroso chiarire in questa appropriata sede , come si può evincere dalle considerazioni sopraindicate, che la chiusura del processo diocesano non sancisce, ipso facto, la beatificazione del Servo di Dio, in quanto l’iter complessivo prevede una seconda fase che si svolgerà presso la Santa Sede, luogo in cui la Congregazione delle cause dei Santi dovrà verificare e appurare che ci siano tutti i requisiti e gli elementi sufficienti e necessari, compreso l’approvazione di un miracolo avvenuto per la sua intercessione, in modo da stabilire e garantire l’autenticità della santità del Servo di Dio; sarà, poi, il Santo Padre, con l’autorità che gli compete come pastore e guida della Chiesa universale, a pronunciare il giudizio ultimo e definitivo sulla Causa stessa. Ottemperando, fedelmente, così a tutte le disposizioni indicate dalle normative ecclesiali circa le istruzioni per lo svolgimento delle inchieste diocesane nelle cause dei Santi con questa sessione, l’ultima delle 72 sessioni complessive, si chiude il processo diocesano riguardante il Servo di Dio, don Luciano Sarti. Il postulatore della Causa di don Luciano Sarti Don Graziano Pasini