Alcuni dati biografici

Luciano Sarti nasce a Cento di Budrio il 15 dicembre 1910 da Armando e Maria Davalli.
Quando Luciano è ancora bambino, nel 1915, suo papà viene chiamato alle armi durante la prima guerra mondiale, durante la quale l’11 dicembre 1917 incontrerà la morte.

All’età di 14 anni viene ammesso nel Seminario arcivescovile di Bologna: rettore del Seminario è mons.

Marcello Mimmi (futuro cardinale), arcivescovo di Bologna il cardinale Nasalli Rocca. 

Nel 1925 il seminarista Luciano Sarti viene ammesso alla Congregazione Mariana; nel 1928 si consacra al sacro Cuore di Gesù.

Il 22 dicembre 1934 è ordinato diacono e il 6 aprile 1935 riceve l’ordinazione sacerdotale nella cattedrale di San Pietro a Bologna per le mani del cardinale Nasalli Rocca.

La prova della malattia

Ma fin dalla giovinezza la sua esistenza viene segnata dalla sofferenza fisica della malattia: nel 1927 per due mesi è ricoverato nella infermeria del Seminario per una grave forma di flebite le cui conseguenze lo accompagneranno ancora nell’aprile e nei mesi successivi del 1929 con una pleurite. Una nuova ricaduta della malattia polmonare lo costringe nel 1932 al ricovero all’ospedale Pizzardi di Bologna, fino a far temere che possa arrivare alla ordinazione sacerdotale. Dal 13 dicembre 1932 all’11 aprile 1933 è ancora ricoverato al Pizzardi. Nel 1937 – già sacerdote – la sua malattia polmonare è considerata contagiosa ed egli è costretto a rimanere segregato a Medicina per due anni. Nel 1939 viene nominato rettore del piccolo santuario della Madonna del Poggio, in comune di Castel San Pietro, a poca distanza da Medicina e Castel Guelfo: rimarrà in quel servizio per 48 anni, fino alla morte.
Intanto la malattia lo accompagna ancora: nel 1940 per tre volte viene ricoverato in ospedale e ancora è al Pizzardi nel febbraio 1941; nel novembre 1946 subisce un nuovo attacco della sua malattia che gli impedisce la celebrazione della Messa per quattro mesi: in questa occasione riceve per la prima volta l’Unzione degli infermi. Nuova crisi e nuova celebrazione dell’Unzione degli infermi nel 1949. Nel 1979 è ricoverato all’ospedale di Castel San Pietro per problemi cardiaci e circolatori; nel 1981 altri due mesi di cura per un nuovo attacco di pleurite. La sua vita si conclude santamente il 25 aprile 1987, alle ore 16.40 – dopo alcuni mesi di sofferenza – all’ospedale di Castel san Pietro, con il sostegno dei sacramenti pasquali e con la benedizione del vescovo mons. Vincenzo Zarri. Stringe tra le mani l’inseparabile corona del rosario.

Al santuario del Poggio

Dalla sua nomina a rettore del santuario del Poggio sarà con don Luciano anche la mamma, morta il 28 giugno 1972: una presenza discreta, umile di cui il figlio sacerdote sarà profondamente riconoscente.
L’arcivescovo di Bologna cardinale Giacomo Lercaro sceglierà nel 1952 don Luciano come suo confessore e sarà proprio don Luciano ad assistere il cardinale nella sua morte avvenuta il 18 ottobre 1976.

Furono numerosi i pellegrinaggi di don Luciano ai santuari dedicati a Maria, in particolare a Lourdes, a Fatima e a Loreto. In particolare dal 1973 al 1986 parteciperà ai pellegrinaggi annuali organizzati dalla Lega Sacerdotale Mariana a Lourdes. Il 23 dicembre 1981 viene brutalmente aggredito e percosso da tre malfattori mentre si trova con il fedele diacono Vincenzo Cavina: don Luciano deve essere ricoverato in ospedale per due settimane: la sua risposta all’aggressione è il rifiuto di sporgere denuncia e parole di perdono e di misericordia verso chi gli ha fatto male.

Chi era don Luciano?...

Queste – in estrema sintesi – alcune date della vita di don Luciano Sarti: ma resta l’interrogativo: chi è stato davvero don Luciano per tanti uomini e donne che lo hanno accostato e hanno potuto partecipare, anche solo per un momento, al mistero della sua vita? E’ evidente che la sua vita si è inserita organicamente in una tradizione e in una storia: quella della Chiesa bolognese, con la ricchezza di uomini e donne che hanno servito il Signore con purezza di cuore. In particolare preti che hanno lasciato impronta indelebile nelle loro comunità: nelle parrocchie spesso piccole e disperse, nel seminario, nell’assistenza ai poveri e nella cultura, soprattutto nella perseveranza di un servizio fatto esclusivamente per il Signore.
Giovanni Paolo II poteva affermare – nella sua visita a Bologna del 1997 – che “il volto di Bologna è quello dei suoi santi, che hanno ispirato alla verità e alla carità del vangelo la loro parola e la loro azione tra gli uomini e le donne di questa città, plasmandone la fisionomia originale e ancor oggi viva”. Don Luciano ricorderà a lungo con riconoscenza la persona di mons. Cesare Sarti, direttore spirituale ed educatore nel Seminario, dei suoi arcivescovi Nasalli Rocca e Lercaro, del cardinale Mimmi, già suo rettore in Seminario… E poi una lunga schiera di persone – a cominciare dalla sua mamma – che lo avevano condotto a conoscere e ad amare il Signore.

Il suo carisma

In particolare potremmo dire che il carisma specifico di don Luciano – cioè il dono dello Spirito distribuito a ciascuno secondo la grazia personale donata da Dio per l’utilità e la crescita di tutta la Chiesa – è stato il suo vivere e manifestare in modo evidente a tutti lo spirito delle beatitudini.
Povertà interiore ed esteriore, mitezza e purezza di cuore, pace e misericordia in lui furono doni straordinariamente testimoniati. Oppure potremmo dire, secondo la versione dei frutti dello Spirito di cui parla l’apostolo Paolo in Gal. 5,22: ‘amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé’.
Diceva don Enelio Franzoni, condiscepolo e amico di don Luciano dagli anni della formazione seminaristica: ‘solo a ripensarlo, mi fa sentire più buono’.
Tutti coloro che lo hanno conosciuto, sia pure brevemente, possono in verità affermare di aver visto in lui l’uomo delle beatitudini evangeliche, predicate con la vita più che con le parole: anzi, quanto più quel prete si presentava nella umiltà e nella semplicità, tanto più se ne percepiva la grandezza interiore.

Il ministero quotidiano nel piccolo santuario mariano del Poggio nella accoglienza, nella predicazione e nella celebrazione del sacramento della penitenza, la direzione spirituale di tantissime anime consacrate, l’accostamento e la consolazione degli ammalati, la testimonianza fraterna offerta ai cercatori di Dio erano la derivazione di una vita pienamente guidata dallo Spirito di Dio.

Quanti sono stati coloro che hanno potuto godere del suo ministero? Chi sono quelli che di più lo hanno incontrato? Solo Dio lo sa. Certamente si può dire che si resta sempre più stupiti nell’ammirare, oggi, la vastità e l’estensione del suo ministero.
Poggio era diventato un faro di attrazione verso il Signore che nessuno avrebbe potuto supporre o immaginare.
Lui sì che era un prete…’ E’ la frase ricorrente da parte di molti che lo ricordano – credenti e non credenti -, anche a distanza di anni…
‘Io l’ho conosciuto poco: però posso dire che era un prete diverso dagli altri’…
Com’era don Luciano?
‘Era normale…’
‘Era diverso…’
Sembrano due frasi opposte, eppure hanno lo stesso significato. Il suo comportamento era semplice, spontaneo, naturale: come se le sue virtù fossero davvero una regola generale, una norma seguita da tutti. Ma la comunione intima e profonda con il suo Signore e la pace che diffondeva intorno a sé facevano di lui un prete ‘diverso’.